La progressione dell'esperienza

Duro e morbido, leggero e pesante, lento e veloce sono condizioni di cui quasi non ci preoccupiamo; non agiamo ma lasciamo accadere, in omaggio alla idea del wu-wei descritta dal Tao Te Ching in cui il Santo, pur non facendo nulla, fa sì che tutto venga fatto.
Ci sono molti modi per valutare l'esperienza di un praticante di discipline interne come il Tai Chi Chuan, il Pa Kua Chang o il Qi Gong, ciascuno -come è giusto che sia – con vantaggi e punti deboli.

Banalmente, si può prendere in considerazione il periodo di tempo trascorso da quando ha cominciato a praticare, ma risulta subito evidente che è un valore ben poco affidabile; capita di sentire qualcuno affermare: “Pratico da vent'anni!” con una voce vibrante d'orgoglio, salvo poi scoprire che in questi vent'anni ha praticato un'ora a settimana, il che lo metterebbe quasi certamente ad un livello inferiore rispetto a chi pratica da tre anni ma tutti i giorni per tre ore al giorno.

Chi controlla i controllori?

Si potrebbero allora valutare gradi, qualifiche, titoli, diplomi e certificati, ma anche questo è un terreno limaccioso e inaffidabile; non pochi sono coloro che – soprattutto in passato, quando la scarsa disponibilità di informazioni affidabili rendeva difficili verifiche e ricerche – si sono autonominati successori di Maestri deceduti, si sono autoconferiti gradi e qualifiche (in un caso di cui siamo stati personalmente testimoni, finanche titoli che solo l'imperatore del Giappone può concedere, e solo a persone di sangue nipponico), si sono assunti l'onore e l'onere di fondare Scuole e Stili, non di rado copiando spudoratamente copiando il nome ed i simboli di Scuole e Stili antichi ed onorati.

Non che oggi vada poi meglio; se la Rete consente oggi di effettuare ricerche e interrogare archivi, è altrettanto vero che basta uno scanner ed una stampante a colori per produrre diplomi e documenti falsi ma credibilissimi, e realizzare siti internet in cuo diffondere come vere e affidabili notizie fasulle.

A ciò aggiungiamoci il mercimonio che troppo spesso avviene tra Enti e Federazioni per accaparrarsi allievi e tesserati, concedendo con manica fin troppo larga aumenti di grado e incarichi di responsabilità, ed il gioco è fatto.

Si potrebbe allora ricorrere ai vecchi metodi: una bella sfida all'ultimo sangue; chi rimane in piedi ha vinto e chi rimane steso per terra ha perso. Consapevoli della evidente complessità delle implicazioni legali di una simile ordalia, si potrebbe ovviare per una versione più soft, che viri più sulla esibizione spettacolare che sulla esecuzione spietata, ma – anche qui – YouTube è pieno di video in cui si assiste più a spettacoli circensi che marziali, con gente che appena viene toccata si contorce con smorfie di dolore sul volto, oppure viene proiettata distante diversi metri. 

Non va poi meglio quando il dolore reale e la presunta efficacia vengono effettivamente applicati “in corpore vili”; quanto può essere ritenuta efficace la tecnica di chi applica una violenza spesso gratuita e quasi sempre eccessiva su poveri soggetti che effettuano attacchi telecomandati e si offrono inermi come vittime sacrificali al loro carnefice? E' quella che un motto popolare definisce la bravura del cocchiere che bastonava il suo cavallo solo quando questo era ben legato e non poteva né sottrarsi e neppure colpirlo con un calcio ben assestato!

Val più la pratica o la grammatica?

Si potrà allora optare per valutare la conoscenza dei principi filosofici dell'arte, della storia e della filosofia della Scuola, della capacità di serbare memoria e trasmetterla alla generazione successiva, ma anche qui la saggezza popolare ci ammonisce, ricordando che non di rado: “chi sa fare, fa; chi non sa fare, insegna” e se interroghiamo chi abbia una qualche decina d'anni di pratica alle spalle non avremo difficoltà a raccogliere un bel florilegio di racconti relativi a imbonitori e fanfaroni, gente “tutta chiacchiere e distintivo” (per citare un famoso film), più propensa a spendere tempo chiacchierando per incensare sé stessa e deplorare gli altri piuttosto che mostrare praticamente cosa sa fare DAVVERO.

C'è chi un tempo scriveva libri, c'è chi oggi riempie YouTube di video, c'è chi ogni giorno satura i social network di post chilometrici; tutta gente che nessuno ha visto praticare, che non dirige seminari pubblici, che rifugge dal confronto con altri praticanti che non fanno parte del suo gregge ammaestrato, a volte potendo offrire come unica prova della sua maestria l'avere gli occhi a mandorla, un po' come se essere nati in Italia facesse di ciascuno di noi un competente allenatore di una squadra di calcio, pur non avendo mai tirato un rigore o giocato da terzino, mediano o centravanti, se non in qualche partitella nel cortile di casa con i nostri amichetti della scuola elementare.

Nessuna soluzione, nessun problema

Giunti a questo punto, anche il più volonteroso inquisitore potrebbe essere tentato dal gettare la spugna; in fondo, se non c'è soluzione, che senso ha analizzare un problema? L'obiezione non è priva di una sua condivisibilità, ma sappiamo anche che il panorama delle Discipline interne è ricco di situazioni apparentemente illogiche, in cui “uno più uno non fa due”, come ammonisce il Maestro Severino Maistrello, Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy, terza generazione stile Fu e successore del Gran Maestro To Yu. 

Come fare, allora?

Cominciamo rileggendo i Classici, e qualche spunto di riflessione lo troveremo nel Tao Te Ching, nello I-Ching, nel Chuang Tzu. Tra i tanti aneddoti, riproponiamo qui quello attribuito ad un saggio monaco Zen che nel descrivere la sua pluriennale esperienza raccontò in maniera solo apparentemente criptica che prima di diventare monaco, per lui le montagne erano solo montagne ed i laghi erano solo laghi; col procedere della sua pratica Zen aveva compreso che le montagne non erano solo montagne ed i laghi non erano solo laghied infine, giunto alla illuminazione, aveva compreso che le montagne sono solo montagne ed i laghi sono solo laghi.

A ciascuno il suo

A qualche cinico osservatore potrebbe sembrare un arzigogolato scioglilingua, ad altri una supercazzola in salsa new age, ad altri ancora una tale pleonastica affermazione potrebbe dischiudere illuminanti panorami di riflessione.

A ciascuno il suo.

Come nel caso delle barzellette, della musica o della poesia, è inutile spiegare ciò che non si riesce a capire, non è egoista volontà di esclusione ma obbligata necessità di selezione, poiché non si può far torto pegiore a chi è diverso, che volerlo considerare a tutti i costi uguale, ignorando le differenze.

Questa lunga premessa non ci ha (ancora) portato al punto della questione, lasciandoci a circumnavigare intorno al quesito posto all'inizio. Proviamo a fare un ulteriore passo avanti, parafrasando la metafora dei monti e dei laghi appena citata.

Walking on the moon

Continuiamo con le metafore, tanto care a chi si interessa alle discipline ed alle filosofie orientali; un insegnante ha descritto con una immagine particolarmente efficace le tre fasi che caratterizzano il progressivo apprendimento pratico di una disciplina come il Tai Chi Chuan, il Pa Kua Chang oppure il Qi Gong.  Nella prima fase il praticante ha come la sensazione di muoversi come un palombaro che cammina sul fondo del mare; i suoi movimenti sono lenti ed impacciati, anche il gesto più apparentemente semplice come fare un passo, piegare il busto o sollevare le braccia assume difficoltà impreviste, facendoci muovere come goffi bradipi.

Il progredire dell'esperienza ci rende capaci di muoverci come fossimo nell'acqua; certo non tutti raggiungono la aggraziata abilità di una campionessa di nuoto sincronizzato, ma è comune la sensazione di muovere le braccia e le gambe come se l'aria avesse una sorta di consistenza liquida, come se più che muoverci stessimo nuotando, come la armonia di movimento tra braccia e gambe abbia non solo una valenza estetica ma anche una utilitàpratica. Una sensazione questa che può essere particolarmente evidente in forme come “Mani come nuvole”, “Carezzare il ginocchio” o “La Gru Bianca apre le ali”, ma che in generale possiamo ritrovare in ogni momento della pratica, se siamo sufficientemente attenti.

La terza fase è quella dei praticanti ben più che esperti, quella dei Maestri che trascendono l'aspetto umano avvicinandosi alle straordinarie capacità raccontate dalle leggende che raccontano dei Santi e degli Immortali. Qui ci si muove come se si camminasse sull'acqua senza affondare (una immagine che ritroviamo anche nei tre vangeli canonici della tradizione cristiana, quando Gesù si fa precedere dai suoi discepoli in barca verso Betsaida, raggiungendoli poi quando questi sono in mezzo al lago). 

Troviamo una immagine simile in diversi esempi della pratica, dal “Passo dell'immortale” ad alcuni passeggi della camminata in cerchio del Pa Kua Chang, sino alla leggendaria abilità di colui che riesce a camminare sulla neve con un passo così leggero da non lasciare alcuna impronta sul soffice manto bianco.

Passeggi e passaggi

Come in tante altre occasioni, serve davvero a poco chiedersi cosa ci sia di vero, di verosimile e di inventato in tutto ciò; è poco più di una velleitaria curiosità voler distinguere la storia dalla leggenda e la forma dal simbolo.

Quello che sarebbe bene cogliere è l'invito a tendere dal sostanziale all'insostanziale, dall'esterno e visibile a tutti all'intimo percepibile solo a noi, dal muoversi misurando tempo e spazio sulla terra a spostarci liberi come il vento e fluidi come l'acqua. 

Riprendiamo la progressione illustrata prima; nella prima fase siamo sul fondo del mare ma sebbene la spinta idrostatica ci spinga verso il Cielo, riusciamo a muoverci solo mantenendo il contatto con la Terra e percependo la presenza dell'acqua come un ostacolo da superare ed una resistenza da vincere.

Nella seconda fase siamo liberi da pesi e zavorre, nuotiamo nell'acqua e ciò che in precedenza ci ostacolava ora ci sostiene e ci spinge; i piedi non cercano più il contatto con la Terra e le braccia non tendono verso il Cielo, ma agiscono insieme in armonia muovendosi nel “qui ed ora” rappresentato dall'Acqua.

Nella terza fase l'acqua non è più acqua, è impalpabile vapore, è la rugiada dell'alba o la brina della sera, che ci avvolge senza fermarci e senza sostenerci; non siamo più “nel” ma siamo “con”, in una condizione agile e leggera in qui possiamo essere sempre e dappetutto, in cui gli opposti diventano complementari in un continuo e incessante fluire.

Complementari e opposti

Duro e morbido, leggero e pesante, lento e veloce sono condizioni di cui quasi non ci preoccupiamo; non agiamo ma lasciamo accadere, in omaggio alla idea del wu-wei descritta dal Tao Te Ching in cui il Santo, pur non facendo nulla, fa sì che tutto venga fatto.

E' un percorso che non avrà termine in questa vita e che pure dobbiamo percorrere con costanza e determinazione, per scoprire che l'invito a mantenere  i piedi ben piantati per terra e lo sguardo all'orizzonte non ha solo una mera valenza pratica ma si svela allora in tutte le sue infinite suggestioni.