Custodire l'essenza

Chi voglia rispettare al meglio il significato etimologico del termine “tradizione”, deve avere ben chiaro che il suo compito è trasmettere in maniera chiara e completa alla generazione successiva i principi dell’Arte che ha ricevuto dalla generazione precedente, utilizzando all’uopo gli strumenti didattici che riterrà più adatti allo scopo, antichi o moderni che siano.
Chi oggi è coinvolto con una attività che possa in qualche modo definirsi tradizionale (considerando la ampia gamma di sfumature che il termine riassume), ha in qualche modo constatato quello che appare ad alcuni un paradosso e ad altri un insolubile dilemma.

Che si tratti di artigianato manuale o discipline marziali, di ordini esoterici o istituzioni morali, la questione di fondo è sempre la stessa e può essere riassunta (con tutte le approssimazioni del caso) in questa maniera: è ancora valido ed efficace un metodo di trasmissione elaborato in una società vecchia di secoli?

Tempus fugit

Come tutti sappiamo, gli ultimi anni hanno visto un impressionante stravolgimento di molte situazioni che si pensavano consolidate. Senza andare troppo lontano nel tempo e nello spazio, quello che oggi a molti di noi appare normale o accettabile, avrebbe lasciato perplessi (per usare un eufemismo) i nostri nonni: dall’abbigliamento ai rapporti omosessuali, dalle famiglie omogenitoriali ad alcune abitudini alimentari, dai comportamenti in pubblico ai rapporti intergenerazionali, gli esempi non mancano.

Gli ultimi anni poi, complice una epidemia pandemica che ha richiesto – obtorto collo – di adattare a distanza rapporti che erano da sempre erano sviluppati in presenza, hanno costituito una ennesima, drastica accelerazione. Se è vero che la telemedicina e gli strumenti diagnostici anni fatto passi da gigante, è altrettanto vero che il rapporto medico-paziente è grandemente arricchito da una empatia possibile forse solo grazie alla presenza fisica; se è vero che la tecnologia offre oggi supporti didattici utilissimi, è altrettanto vero che tra insegnante e discepolo deve comunque stabilirsi un rapporto che difficilmente può prescindere da una trasmissione che in Oriente viene definita “da bocca a orecchio”.

Condividere e conservare

Una situazione simile la si può constatare analizzando lo stato di molti beni artistici o luoghi protetti; da un lato la loro conservazione nel tempo richiede che questi vengano rigorosamente protetti, dall’altro il loro fascino e la loro bellezza – complice anche la cultura da social network – spinge verso di loro sempre più persone, mettendone a volte a rischio la loro conservazione. Assistiamo così a piccoli borghi medievali presi d’assalto da orde di turisti caciaroni, a incantevoli vallate riempite da gitanti poco attenti alla salvaguardia di fora e fauna, da picchi montani ridotti a vere e proprie discariche da alpinisti più attenti a riportare a casa un selfie che i rifiuti da loro prodotti nel corso della scalata.

Dall’altra parte, musei e gallerie d’arte vedono nel merchandising una fondamentale risorsa economica, spesso indispensabile per la sopravvivenza della istituzione e dell’indotto che gli gravita intorno; cosa sarebbero gli Uffizi senza la Venere del Botticelli o il Louvre senza la Gioconda? Chi conoscerebbe Pompei o l’Egitto se l’accesso agli scavi ed ai reperti archeologici fosse riservato ai soli addetti ai lavori?

Come spesso accade, non esistono soluzioni semplici a problemi complessi, ed ogni situazione è un caso a se, in cui il buon senso e la onestà intellettuale dovrebbero essere fari imprescindibili nel guidare le persone a vario titolo coinvolte.

Cambiare tutto per non cambiare nulla

Citando una famosa frase de “Il Gattopardo”, a volte la cosa migliore potrebbe sembrare quella di operare cambiamenti superficiali mantenendo inalterata l’essenza, ed è questa forse la soluzione migliore quando in Occidente ci si approccia a Discipline come quelle orientali, distanti nel tempo e nello spazio da noi.

Neppure in Cina o Giappone ci si allena oggi come si faceva anche solo cinquanta anni fa, immaginiamo quanto sarebbe anacronistico pensare di poterlo fare oggi qui. Ve lo immaginate il maestro Miyagi di “Karate Kid” alle prese con tesseramenti e attestati CONI oppure Bruce Lee che affronta il mare magnum della burocrazia per far riconoscere le sue credenziali ed essere autorizzato ad insegnare?

Chi già praticava anche solo qualche decina di anni fa vi racconterà di palestre umide e fatiscenti, spesso ricavate in seminterrati o garage, in cui la areazione era un lusso, le uscite di sicurezza erano inesistenti e chi si ritrovava con lividi ed ecchimosi (o peggio…) non pensava neppure lontanamente alla possibilità di denunciare l’infortunio per ottenere un risarcimento assicurativo.

Lungi da noi esaltare i bei tempi andati, se questo è avvenuto ci sarà un perché e se c’è una cosa che ci insegnano le nostre Arti è di certo quella di accogliere il cambiamento e farne tesoro. La questione però non può e non deve essere risolta con una passiva presa d’atto ma merita una riflessione più profonda e accurata.

Custodire l’essenza

Una riflessione che è opportuna per il praticante ma riteniamo necessaria – se non indispensabile – per chi, a qualunque titolo, si sia assunto l’onore e l’onere di trasmettere ed insegnare queste discipline perché sarebbe davvero ingenuo o – peggio – inopportuno, pensare di poterlo fare con le stesse modalità impiegate anche solo pochi decenni fa. Sono cambiate le priorità, sono cambiati gli stili di vita, sono cambiate le abitudini quotidiane, sono cambiate molte di quelle che che oggi renderebbero di fatto inaccettabili comportamenti e abitudini un tempo normale.

Se ieri alla domanda dell'allievo molti insegnanti rispondevano: “prima fare, poi domandare”, ottenendo in cambio un silenzioso cenno di ubbidienza del discepolo, oggi in tanti vedrebbero lo studente digitare il suo quesito sullo smartphone, interpellando amici, conoscenti, gruppi social e siti internet più o meno specializzati.

A questo argomento dedicheremo un giorno un articolo più approfondito, quello che ora ci preme evidenziare che – al pari di un esperto surfista – un insegnante attento deve cavalcare la cresta dell'onda e sfruttare le situazioni presenti per indirizzarsi dove desidera.

E' a questo punto che avviene però un increscioso fraintendimento, perché a cambiare – ripetiamolo – devono essere semmai le modalità di trasmissione, ma non il contenuto del messaggio stesso. In altre e semplici parole, se il nostro nonno comunicava i suoi sentimenti alla sua fidanzata con una lettera scritta a mano, se i nostri genitori lo facevano con una telefonata e se noi oggi inviamo una emoticon con WhatsApp tramite il nostro smartphone, esprimiamo sempre lo stesso sentimento di affetto, ma lo trasmettiamo in modalità diverse.

Ecco quindi che chi si è assunto il compito di traghettare verso il futuro discipline e pratiche antiche di secoli, deve stare bene attento a non snaturarne i principi, curando allo stesso modo di utilizzare un metodo didattico che sia il più efficiente possibile.

Nessuna innovazione ispirata alla moda del momento e nessuna personalizzazione dettata da ghiribizzi individuali quindi ma piuttosto la onesta ed attenta scelta di usare un linguaggio comprensibile, strumenti didattici aggiornati e metodi che necessariamente evolvono anche in base agli studi condotti nei campi delle neuroscienze, della ppedagogia e della sociologia.

Onore e onere

“Facile ma non semplice”, commenterebbe il Maestro Severino Maistrello, Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy e successore del Gran Maestro To Yu, ma – lo ribadiamo ancora una volta – chi si assume l'onore e l'onere di insegnare discipline così ricche e complesse come il Qi Gong, il Tai Chi Chuan o il Bagua Zhang deve essere consapevole del compito di cui si incarica e delle sue capacità per solgerlo.

Pedisseque imitazioni di Maestri passati, passive ripetizioni di “ipse dixit” mai ben del tutto compresi, timori più o meno inconsci che gli allievi possano scoprire cosa DAVVERO sappiamo e soprattutto cosa NON sappiamo sono solo degli errori più frequenti che insegnanti – anche titolati – hanno compiuto e continuano a compiere nel cercare di adempiere alla missione che si sono assunti.

Chi invece voglia rispettare al meglio il significato etimologico del termine “tradizione”, deve avere ben chiaro che il suo compito è trasmettere in maniera chiara e completa alla generazione successiva i principi dell’Arte che ha ricevuto dalla generazione precedente, utilizzando all’uopo gli strumenti didattici che riterrà più adatti allo scopo, antichi o moderni che siano.

Mezzi e strumenti

E’ bene ribadirlo, uno strumento è per sua natura neutro, non è “buono” o “cattivo” in senso assoluto ma solo più o meno adatto a consentirci di raggiungere il traguardo che ci siamo prefissi. Per fare un esempio, un bisturi chirurgico ed una sega per legno sono entrambi strumenti da taglio ed in linea di principio con entrambi possiamo sia amputare una gamba che potare un ramo da un tronco d’albero, ma è evidente che l’uno sarà più adatto ad una operazione chirurgica e l’altro al compito di un boscaiolo.

Aggiungiamo ancora che non basa solo utilizzare lo strumento giusto per il compito adatto, è necessario anche possedere le giuste competenze, perché – continuando nell’esempio precedente – se ad usare il bisturi per eseguire l’amputazione è un chirurgo, questi avrà probabilmente maggiori possibilità di successo del boscaiolo nell’eseguire la operazione.

E alla base – ripetiamolo – ci deve sempre essere una chiara comprensione dei principi che si intendono applicare, poiché in questo caso il risultato potrà essere conseguito anche utilizzando strumenti semplicissimi, come dimostra il successo di Eratostene di Cirene, che nel III° secolo a.C. riuscì a misurare con sorprendente precisione la circonferenza della Terra utilizzando solamente un bastoncino e la sua ombra.

Ecco quindi che alla luce degli odierni sviluppi tecnologici anche antichissime discipline di possano efficacemente insegnare tramite videocorsi oppure lezioni online, se alla base ci sono solide competenze acquisite e sincero desiderio di condividerle.