Chi combattere, perché combattere

Lo studio e la pratica consapevole delle discipline interne è un viaggio fisico, emotivo e spirituale dinamico. Dobbiamo usare la disciplina dell'allenamento fisica per coltivare e sviluppare la calma e la crescita interiori, per temperare il carattere e per raccogliere l'intangibile ma reale beneficio della pratica.
Uno dei più frequenti paradossi delle discipline interne cme il Tai Chi Chuan, il Pa Kua Chang (e non solo…) è coniugare una origine e applicazione a metodi marziali con una apparenza che appare più orientata alla calma ed al rilassamento che ad un combattimento energico e dinamico.

E’ una delle tante, apparenti contraddizioni, di queste discipline, che confermano quanto spesso afferma il Maestro Severino Maistrello, Direttore Tecnico della Wudang Fu Style Academy e successore del Gran Maestro To Yu: “gli antichi segreti si sanno ben custodire da soli, e si rivelano a chi ha pazienza nel cercarli ed occhi per vederli”.

Le radici sono invisibili ma presenti

E’ indiscutibile che le radici di queste discipline affondino nelle tecniche di combattimento che per secoli sono stati studiati ed applicati in Oriente, in una progressione darwiniana che ha fatto sì che sopravvivesse e si tramandasse solo ciò che appariva più utile ed efficace rispetto agli avversari.

E' noto anche a chi abbia solo una conoscenza superficiale di queste discipline quanto anche la pratica apparentemente più leggiadra o i movimenti ampi ed armoniosi di una forma contengano – più o meno evidenti – i principi e la possibilità di una applicazione di attacco o difesa. Basti pensare alla origine dei Ba Duan Jin o dello Shipa Lohan – due delle routine di Qi Gong più famose ed utilizzate per stimolare la circolazione energetica e promuovere il benessere del praticante – per avere chiaro che l'aspetto Wu marziale e l'aspetto Wen di benesseere viaggiano da sempre di pari passo.

Una affermazione che è sostenuta da considerazioni eminentemente pratiche, come spesso accade nella cultura orientale (e non solo...) dove miti, leggende e simbologia si basano (e non potrebbe essere altrimenti!) su solide e concrete basi esperenziali; un soldato può combattere bene solo se è in buona salute, ma un uomo in buona salute può combattere bene solo se è addestrato a farlo, ne discende quindi la necessita che per essere efficiente un soldato dovesse godere di buona salute ed essere convenientemente addestrato nelle tecniche di combattimento, due obbiettivi alla base appunto delle varie discipline marziali orientali.

Se quanto risale ai secoli passati può essere visto anche come il frutto di storie e leggende poco o nulla legate alla realtà dei fatti, le testimonianze dell’ultimo secolo – corroborate da foto e filmati – confermano invece quanto queste discipline racchiudessero nel loro curriculum tecniche in gradi di ferire gravemente o finanche uccidere.

Come e perché queste discipline si siano evolute alla condizione attuale non è argomento che possa essere trattato nell’angusto spazio di u n articolo; possiamo accennare che molto hanno influito il confronto con le armi da fuoco, le mutate condizioni sociali e gli stravolgimenti politici che portarono alla caduta dell’imperatore cinese ed all’affermarsi della rivoluzione maoista.

Ma come è ben noto a chi ha pratica di orti e giardini, a volte non basta segare di netto un tronco perché la pianta smetta di vivere; spesso le radici sotto il terreno continuano ad alimentare ciò che è rimasto e dopo settimane, mesi, a volte anni, nuove foglie spuntano a testimoniare che da vecchie radici nasce una nuova vita.

Così è stato anche per queste discipline, che hanno nel cambiamento e nell’adattamento alla situazione attuale uno dei loro principi fondamentali.

Combattere chi, combattere perché

Se un tempo queste discipline erano impiegato per combattere un avversario, per neutralizzare un aggressore o uccidere un nemico in guerra, oggi – con buona pace dei film d’azione e di una certa cronaca allarmistica – raramente sono impiegate per difendere la propria o la altrui incolumità fisica , a meno di non essere un operatore nel campo della protezione personale o una guardia del corpo di qualche VIP. Ciò nonostante, non è sbagliato considerarle utilmente applicabili alla difesa personale; cambiano gli avversari, ma non lo scopo finale.

Capita spesso che queste discipline vengano definite “pratiche di lunga vita” e se dovessimo guardare alla biografia del Gran Maestro To Yu, scomparso nel 2021 all’età di 99 anni, potremmo facilmente pensare che la pratica del Qi Gong, del  Tai Chi Chuan o del Pa Kua Chang possano aggiunge anni al nostro transito terreno. Anche in questo caso, non saremmo lontani dal vero, ma purtuttavia avremmo ancora una visione parziale della questione.

Come già detto infatti, si tratta di ragionare più in termini di “qualità” che di “quantità”; se dovessimo scegliere tra raggiungere il secolo di vita trascorrendo però gli ultimi dieci anni allettati ed attaccati a macchine che ci permettono di sopravvivere oppure vivere dieci anni di meno ma attivi ed autosufficienti sino all’ultimo giorno, cosa sceglieremmo?

La pratica delle discipline interne ci offre l’impagabile vantaggio, oramai dimostrato scientificamente da numerosi studi clinici, di mantenere efficiente il nostro corpo, lucida la nostra mente ed equilibrato il nostro carattere emozionale. A questo si aggiunge il fatto – più unico che raro nell’ambito delle discipline sportive – che questi traguardi possono essere tranquillamente raggiunti e mantenuti anche da praticanti anziani ed ampiamente compresi nella “terza età”, poiché queste discipline non richiedono performance atletiche o capacità muscolari estreme.

Ecco quindi che pratiche un tempo utilmente impiegate per combattere un nemico in carne e ossa, oggi possono essere altrettanto efficacemente utilizzate per affrontare un avversario a volte meno evidente ma altrettanto subdolo e pericoloso: noi stessi! Si tratta di una considerazione non certo nuova, da secoli – tanto in Oriente quanto in Occidente – si sottolinea la necessita di conoscere sé stessi per  conoscere gli altri intorno a noi, ma nel caso delle discipline marziali, all'aspetto filosofico si unisce – ancora una volta – quello pratico.

Come ricorda spessso il, Maestro Severino Maistrello, la “difesa personale” che il Pa Kua Chang, il Tai Chi Chuan ed il Qi Gong ci permettono di applicare è quella di renderci consapevoli di tutta una serie di atteggiamenti che – nel breve o lungo periodo – possono essere dannosi. Così, lavorare sulla struttura fisica e sull'equilibrio ci permetterà di prendere atto di atteggiamenti posturali inopportuni, che possono causare o aggravare dolori e – alla lunga – problemi più gravi come scoliosi o cifosi; sviluppare una maggiore attenzione al nostro corpo ed ai “messaggi” che ci invia ci consentirà di cogliere i primi sintomi di un malessere che – trascurato – potrebbe sfociare in più gravi patologie ma anche di evitare o limitare abitudini di vita che percepiamo avere ripercussioni sulla nostra salute e livello energetico (alimentazione scorretta, abuso di alcolici, fumo, ssonno insufficente, ecc.).

A chi dovesse credere che quanto sopra sia una sorta di deriva new age favorita da una sorta di degenerazione dello spirito marziale originario, basterà leggere una citazione di Sun Lutang, uno dei più famosi e innovativi Maestri di Arti marziali che affermava: “L’arte del pugno permette in primo luogo di rinforzare il potenziale di salute, in secondo luogo di controllare un’eventuale aggressore, in terzo luogo apre lo spirito… Infine permette, talvolta, di modificare il corso del destino.” Cosa altro aggiungere?
Percorrere la Via

Ecco quindi che la diatriba tra “Arte marziale” e “Arte di benessere” cessa di esistere, come spesso sottolinea il Maestro Severino Maistrello; una disciplina correttamente praticata sotto la guida di un insegnante preparato e attento è “Arte marziale” e anche “Arte di benessere”, di fatto  indipendentemente da quelli che possono essere i motivi che ci portano a praticarla.

In altre parole, l'allenamento "Quan" che favorisce abilità nelle arti marziali ci porta ad intraprendere la Via del  "Dao" che ci offre la possibilità di perseguire l'autodisciplina, l'autosviluppo e l'autoesame. Si chiaro che nulla avviene per “Grrazia divina” ed ogni risultato è il frutto di uno sforzo costante e consapevole; è  attraverso la ricerca della perfezione fisica, mentale e spirituale che l'obiettivo  può essere raggiunto.

Una pratica equilibrata ci consentirà di ottenere i migliori risultati, uno stato fisico ideale ed  un equilibrio mentale e psicologico. Attraverso il movimento apprezzeremo la quiete e attraverso la quiete percepiremo il  movimento;  la quiete fisica e mentale deriverà dall'allenamento fisico e mentale e viceversa.

Non è  facile, non è semplice ma tutti possono riuscirci e le tre cose che ci servono – come ribadisce il Maestro Maistrello sono pratica, pratica e pratica.
 
Lo studio e la pratica consapevole delle discipline interne  è un viaggio fisico, emotivo e spirituale dinamico. Dobbiamo usare la disciplina dell'allenamento fisica per coltivare e sviluppare la calma e la crescita interiori, per temperare il carattere e per raccogliere l'intangibile ma reale beneficio della pratica. 

A lungo termite, con una pratica costante e consapevole (due aggettivi che non ci stancheremo mai di ripetere!)  la formazione del Dao inizierà nello Xin (心 cuore/mente)  ed andrà verso il mondo esterno, e poi dal mondo esterno torna al cuore/mente - cioè avanzando dal semplice al complesso si passa poi a tornare dalla complessità  alla semplicità, in uno scambio costante e fruttuoso che ci rende consapevoli della verità di una delle affermazioni più frequenti del Maestro Severino Maistrello: “Semplice, ma non facile; semplice ma non banale”.