Le canzoni del Tai Chi Chuan del Patriarca Chang San Feng

Si tratta di versi “semplici ma non banali”, come spesso ci ricorda il Maestro Severino Maistrello, che racchiudono una saggezza tramandata da millenni proteggendola da curiosità indiscrete e volgari e svelandola a chi abbia occhi per leggerla e orecchie per ascoltarla.
Chi ha una familiarità anche minima con le discipline tradizionali, sa che l'insegnamento è principalmente orale, basato su una trasmissione “da bocca ad orecchio” tra l'insegnante e l'allievo.

Questa scelta didattica, che – pur presente in Occidente – ha visto in Oriente una diffusione molto ampia, ha diverse motivazioni che si sono intrecciate ed influenzate tra loro nel corso dei secoli.

Un primo motivo, che trova fondamento su constatazioni pratiche, è percentuale di persone in grado di leggere e scrivere. Una vera e propria alfabetizzazione di massa è avvenuta solo pochi decenni fa, e ancora nel secolo scorso – specie nelle società rurali – saper leggere e scrivere era più una eccezione che la regola, motivo percui manuali, libri di testo, dispense didattiche e libri tecnici sono  prodotti degli ultimi anni, mentre fino ad un paio di generazioni fa, ed ancora oggi in molte realtà – Scuole marziali come botteghe artigiane – l'allievo come il garzone vengono istruiti rimanendo fianco a fianco al Maestro, “rubando la tecnica con gli occhi” e apprendendo attraverso una esperienza pratica e diretta.

A ciascuno il suo

Conseguenza diretta di quanto sopra, è che l'insegnante dosava il suo insegnamento in maniera personale, dando a ciascuno degli allievi quello che riteneva fosse per lui utile, nel modo che riteneva più opportuno. Non era (e non è...) quindi infrequente che allievi dello stesso Maestro nello stesso periodo abbiano ricevuto insegnamenti diversi, basati sulle attitudini individuali e sulle loro caratteristiche fisiche e caratteriali.

Altro motivo, che in qualche modo è legato a quanto scritto in precedenza, è che l'insegnamento orale garantiva la massima riservatezza; mentre un testo scritto poteva essere copiato, trafugato e finire in mani indiscrete, potendo quindi essere utilizzato per svelate i segreti della Scuola o della officina artigiana, mentre l'insegnamento orale era posseduto solo da chi lo riceveva, con il vantaggio di poter essere “aggiornato” in base al livello raggiunto dall'allievo ma con l'evidente limite di poter essere dimenticato, frainteso o perso per sempre al momento della morte di chi lo aveva trasmesso e ricevuto.


Allenare il corpo, allenare la mente

Dover memorizzare un insegnamento ricevuto, elaborarlo e trovare il modo per applicarlo e farlo nostro prima e trasmetterlo ad altri poi, implica una metabolizzazione dello stesso ed un lavoro attivo che – al pari del processo digestivo degli alimenti fisici – impegna in maniera complessa e costante il praticante.

Chiunque abbia la possibilità di consultare una persona che abbia raggiunto la terza età scoprirà che questi anziani ricordano a memoria poesie, filastrocche o preghiere mandate a memoria mezzo secolo fa, mentre oggi molti adolescenti dimostrano oggi abilità assolutamente inferiori. Il motivo è facile da intuire: la memoria è come un muscolo, e come tale lavora meglio e si mantiene efficiente se è allenata in maniera costante e frequente. 

Mentre oggi possiamo contare su tanti (e per qualcuno, troppi...) ausili mnemonici offerti dalla tecnologia, ieri questi erano praticamente assenti. Chi è andato a scuola negli anni precedenti all'arrivo delle calcolatrici elettroniche portatili era capace di eseguire – a memoria o a mano libera – calcoli anche complessi, mentre oggi molti ragazzi hanno difficoltà anche ad elencare le classiche “tabelline”. Prima che i nostri smartphone custodissero in memoria i contatti di amici e parenti, i nostri genitori ricordavano numeri telefonici, indirizzi e perfino numeri di targa delle loro auto.

Caratteristica generale degli insegnamenti magistrali è che questi fossero (e sono tuttora...) essenziali e diretti; poiché chi aveva la fortuna e la responsabilità di riceverli era consapevole che la possibilità che questi venissero ripetuti era quasi impossibile, “il bisogno aguzzava l'ingegno” e l'allievo era ampiamente motivato a tentare di memorizzare il maggior numero possibile di informazioni ricevute, sapendo che difficilmente avrebbe avuto una seconda occasione.


Verba volant

Come ci ricorda il proverbio latino accennato nel titolo, il problema principale della comunicazione orale è che – come abbiamo già detto – questa possa essere travisata o malcompresa nell'immediato, ma soprattutto dimenticata con il passare del tempo. 

Per ovviare a questo problema, ben chiaro a chi aveva la responsabilità di trasmettere un insegnamento nella maniera più precisa e completa possibile, nel tempo si sono affermati due metodi che spesso sono stati impiegati insieme, moltiplicando il loro positivo effetto.

Il primo è legato al rapporto diretto tra il ripetere più volte una azione e la capacità di ricordarne le varie fasi. E' una esperienza che ognuno di noi ha probabilmente vissuto più volte: vediamo eseguire da altri una attività apparentemente semplice, che si tratti di realizzare una composizione floreale o montare un mobile, preparare una pietanza da cucinare o eseguire una sequenza di gesti marziali; ci sembra di di aver capito tutto e di avere chiare tutte le fasi da eseguire, proviamo a ripetere quanto appena visto e ci rendiamo conto che più di qualche passaggio ci lascia incerti.

La soluzione, banale ma efficace, è fare e – soprattutto – rifare. Ripetere più e più volte l'azione, cercando di “copiare” i gesti del nostro Maestro, imitandone le posture ed i movimenti anche quando non capiamo bene quale sia il loro scopo. Così come goccia dopo goccia l'acqua scava la pietra, così ripetendo più e più volte l'azione i gesti diventano sempre più naturali e spontanei. Il paragone più popolare è certamente il “Metti la cera, togli la cera” immortalato dal film Karate Kid, ma per avere conferma ulteriore basterà anche osservare il lavoro di un tornitore di vasi di ceramica o di una ricamatrice all'uncinetto, ma anche notare quanto azioni come guidare l'automobile - che da neo patentati eseguivamo in maniera goffa ed impacciata – dopo anni di costante ripetizione eseguiamo in maniera disinvolta.

Una canzone è per sempre

Se la modalità appena descritta si riferisce ad azioni fisiche, quella che andiamo a descrivere ora ha una valenza più intellettuale e tutti noi la abbiamo applicata in maniera più o meno consapevole, a partire dalla nostra infanzia. 

E' infatti molto più facile memorizzare una frase, una storia o una sequenza di parole se riusciamo a “costruire una storia” o a dare loro un ritmo ed una melodia. Sono espedienti che affondano nei millenni della storia dell'uomo e utilizzati ancora oggi per migliorare la memoria; i grandi poemi dell'umanità come l'Iliade, l'Odissea o il Mahābhārata così come tanti alti, prima di essere eternati per iscritto sono stati trasmessi oralmente, raccontati, ascoltati, memorizzati ed ancora raccontati in un ciclo che si ripeteva negli anni.

Come detto, un testo viene appreso più agevolmente se ha una struttura ritmica e melodica, e non è un caso che bambini e neonati imparino parole e concetti attraverso fiabe, filastrocche e canzoncine, così come non è casuale che ancora oggi, tanto i nostri cantastorie che i  griot africani conservino la tradizione orale degli avi e la memoria di eventi storici e leggendari attraverso la recita di poemi e canti.

Oltre alla funzione prettamente mnemonica, l'utilizzo del canto o della poesia nella esecuzione di attività manuali – specie se ripetitive - avevano ed hanno lo scopo di elencare le fasi da eseguire e dare il ritmo delle stesse. Dai campi di cotone dell'America schiavista alle mondine del secolo scorso, il canto ritmato ha – per esempio - sempre caratterizzato i lavori agricoli; ancora oggi c'è chi pensa che questo avveniva come una sorta di espediente per distrarsi e non pensare alla fatica del lavoro, pensiero ingenuo perché ci vuole ben più di uno stornello per alleviare il dolore dei muscoli; in realtà il canto corale aveva – tra gli altri scopi – proprio quello di sincronizzare il lavoro di tutta la squadra impegnata, necessità utile per rendere efficiente l'operato dei vari individui addetti alle varie fasi ed ancora più opportuno quando si trattava di doversi affiancare a chi eseguiva lavori rischiosi come falciare il grano o battere col maglio.

Canzoni per imparare

Arriviamo quindi al punto che forse più ci interessa, e che riassume quanto scritto sino a qui. Nell'ambito delle arti marziali tradizionali, l'insegnamento si è spesso avvalso di canzoni e poesie. In Occidente queste hanno spesso trovato memoria su carta, e per averne conferma basterà leggere i versi del “Flos Duellatorum” o del “De arte gladiatoria dimicandi”, solo per citare i più noti; in Oriente, per i motivi prima evidenziati, la trasmissione era più spesso orale e così, per ricordare agli allievi la sequenza dei gesti da eseguire e per dare loro il ritmo di esecuzione, spesso queste erano racchiuse il lunghe filastrocche o canzoni, che venivano ripetute e mandate a memoria nelle sessioni di pratica.

Nulla a che fare, ovviamente, con quello che oggi la maggior parte di noi immagina quando parla di canzoni, potremmo in qualche modo fare un parallelo con le cadenze impiegate nelle marce militari, e questo deve essere tenuto in considerazione quando oggi ci approcciamo a questi “ausili didattici”, specialmente se li leggiamo tradotti, perdendo quindi le assonanze fonetiche ed il ritmo musicale dei versi originali.


Le canzoni del Tai Chi Chuan del Patriarca Chang San Feng

I limiti imposti dalla brevità dei versi delle strofe e la necessità di riservare l'utilizzo solo a chi faceva parte della Scuola hanno fatto si che spesso questi versi fossero difficilmente interpretabili o apparissero come strampalate filastrocche; per averne prova basta pensare al nome delle tecniche che fanno parte del curriculum tecnico delle discipline del Vecchio stile Fu, come trasmesse dal Maestro Severino Maistrello, discepolo di terza generazione e studente diretto del Gran Maestro To Yu: “Gru Bianca apre le ali”, “La Tigre abbraccia il cucciolo e torna alla montagna”, “Cercare la pillola dell'immortalità”, “Drago Verde emette la perla” sono alcuni degli esempi; chi – basandosi solo sul nome e senza mai averle viste praticate potrebbe capire come eseguirle?

Nel leggere le strofe che riporteremo di seguito dovremo quindi tenere presente questo particolare e cercare di andare oltre il significato letterale delle parole, cogliendo più il “non detto” celato che lo scritto esplicitato; una impresa certamente non facile e non per tutti, a cui potremo accostarci solo grazie agli insegnamenti pazienti e costanti dei nostri Maestri che li hanno studiati ed appresi.

Come molti sanno, la nascita del Tai Chi Chuan si fa risalire da una visione avuta da Chang San Feng: assistendo ad un combattimento tra una gru ed un serpente notò che gli attacchi energici e diretti della prima erano neutralizzati adi movimenti flessibili e circolari del secondo e comprese quindi la dualità del principio Yin/Yang e di come il “morbido” possa vincere sul “duro”.

Meno nota è la leggenda che racconta di un sogno durante il quale a Chang San Feng apparve il Dio della Stella Polare che illustrò al Patriarca i principi del Tai Chi Chuan, poi trasmessi nelle strofe che seguono. Si tratta di versi “semplici ma non banali”, come spesso ci ricorda il Maestro Severino Maistrello, che racchiudono una saggezza tramandata da millenni proteggendola da curiosità indiscrete e volgari e svelandola a chi abbia occhi per leggerla e orecchie per ascoltarla.

Durante il movimento ogni parte del corpo deve essere leggera, luminosa, fluida, agile e muoversi insieme con le altre.

Il Chi deve essere pieno e circolante. Lo Shen deve essere nascosto internamente.

Nessuna parte del corpo deve essere disconnessa dalle altre e non ci deve essere un eccesso o una carenza di movimento. Curare sempre che ci sia equilibrio.

Le radici (i piedi)  devono essere ben salde a terra in modo che il Chi appena generato salga lungo le gambe, sia controllato dal “canale cintura” (il meridiano straordinario Dàimài) e trasmesso attraverso le dita delle mani. Deve essere un Chi unico e integrato, che offre la possibilità di assumere e mantenere una posizione stabile ed equilibrata.

Se sei inclinato troppo avanti o troppo indietro, troppo a sinistra o troppo a destra, se non assumi la posizione equilibrata la mente/cuore (Xīn), l'intenzione (Yi) ed il corpo perderallo il loro potere naturale. Per rimediare a questo inconveniente bisogna correggere la posizione delle gambe e del bacino.

Qualunque movimento ed in ogni direzione deve essere eseguito con la mente/cuore (Xīn) e non con la sola forza muscolare (Lì).

Nel Tai Chi Chuan ad ogni azione corrisponde una reazione. Se attacchi in alto devi difendere in basso, se attacchi avanti devi difenderti dietro, se attacchi a destra devi difendere a sinistra.

Se la mente/cuore vuole andare in alto, questo implica che devi considerare il basso. Se vuoi sollevare o abbattere il tuo avversario devi conoscere le sue radici per poterlo vincere.

Lo Yin e lo Yang devono essere chiaramente distinti. Ogni parte del corpo possiede queste due polarità. Se l'avversario attacca la tua parte destra questa deve diventare Yin mentre la tua parte sinistra deve diventare Yang per poter contrattaccare. Per poter fare questo il tuo corpo deve muoversi come una unità.

Il “pugno lungo” del Tai Chi Chuan si ispira al fiume lungo che scorre senza sosta. Un altro nome è “pugno di cotone” che deve essere morbido fuori e duro dentro.

Dei tredici movimenti del Tai Chi Chuan, i quattro principali sono Peng (aderire), Lu (ritirarsi e ruotare), Ji (premere), An (spingere), dette anche “le Quattro Forze” ed usati nel combattimento a mani nude, sui quattro angoli.

Gli altri movimenti sono Cai (tirare verso il basso), Lie (separare), Chou (colpire col gomito), Kao (colpire con la spalla) e Jìn (passo avanti), Tùi (passo indietro), Zǔo (passo a sinistra), Yòu (passo a destra) e Zhōng dìng (posizione centrale).

Il Tai Chi Chuan deve essere praticato non solo per scopi marziali ma anche per ottenere la longevità.