“Accarezzare il cavallo”, la sottile potenza del Tai Chi Chuan

Una forma il cui nome già suggerisce alcuni particolari della modalità di esecuzione e dello spirito con cui praticarla.
Proseguiamo con questo articolo la analisi delle 37 forme che compongono il curriculum di base del Tai Chi Chuan del Vecchio stile Fu (e non solo).

Oggi esaminiamo la tecnica chiamata “Accarezzare il cavallo”, una forma in cui il nome già suggerisce alcuni particolari della modalità di esecuzione e dello spirito con cui praticarla. Attenzione però a non farci ingannare dalle apparenze, perché quello che appare a prima vista è quasi sempre solo la punta dell'iceberg che si cela nella millenaria sapienza delle discipline interne.

La prima cosa che notiamo è la citazione del cavallo, uno degli animali domestici più diffusi ed utilizzati in tutto il mondo, e proprio da qui cominciamo la nostra analisi.

Il Cavallo nella filosofia cinese

Il cavallo è uno degli animali che da sempre accompagna la storia ed il progresso dell'uomo. Aggiogato ad un aratro per dissodare la terra dei campi oppure utilizzato per trainare carri da guerra, tanto in Oriente quanto in Occidente, storie e leggende raccontano di quanto questo animale sia stato importante per eroi mitologici e umili artigiani.

Non è questo il luogo per ricordarli tutti, ma Pegaso, Bucefalo o l'Ippogrifo sono nomi entrati nell'uso comune e dai cavalli di Apollo a quelli di Achille, passando per quelli di Poseidone, dei profeti biblici o delle divinità nordiche, gli esempi sono davvero tantissimi.

Facile quindi immaginare che anche nella filosofia cinese questo animale avesse un suo posto di rilievo, ed infatti il Cavallo è – ad esempio - il settimo animale dello zodiaco e le persone nate negli anni caratterizzati da questo segno si ritiene abbiano le caratteristiche di questo animale e siano quindi fidate, socievoli ma non invadenti, sensibili all’estetica, e dotate di estro e creatività. 

Tanti anche i personaggi le le figure leggendarie legate a questo animale, tra cui il Chollima, cavallo alato impossibile da domare perché molto veloce, oppure Longma, il drago-cavallo che rappresentava le qualità di uno dei Tre Sovrani e Cinque Imperatori e che ricorda il Tianma (“Cavallo del Cielo”), animale leggendario con l’ossatura di un drago, che volava come i cavalli alati presenti anche il altre diverse culture.

Strettamente legato al pantheon buddista è il Baima (“cavallo bianco”) che simboleggia la forza di volontà consapevole ed è associato all’introduzione degli insegnamenti buddisti in Cina, tanto che il monastero del Cavallo Bianco sarebbe stato il primo tempio buddhista della Cina, fondato nel 68 d.C. nella capitale Luoyang sotto l’imperatore Ming.

Non tutti i cavalli erano però propizi ed in Cina era molto temuto il cavallo con testa di bue, considerato di malaugurio perché questo animale aveva il compito di portare le anime dei defunti negli inferi, conducendole davanti ai giudici dell’inferno. Altra figura certamente non positiva è quella compresa nella simbologia dei “Tre Vermi”, dove il Cavallo rappresenta le indomabili passioni che agitano l'uomo trascinandolo in comportamenti inappropriati.

Ultima citazione è per l'Unicorno – la cui figura troviamo all'interno della serie di posizioni statiche comprese nel Tom-ma, animale ritenuto simile ad un cavallo con il corpo candido ed un corno sulla fronte, dotato di coda di bue ed in grado di camminare sulle acque.

Il nome della forma


Dopo aver sottolineato l'importanza simbolica del cavallo, passiamo ora ad analizzare alcuni dei significati compresi nel nome che la identifica.

Questa forma è generalmente conosciuta come “Accarezzare il cavallo” o con altri nomi simili (Accarezzare la testa del cavallo selvaggio, colpire in alto il cavallo, ecc.). Gli ideogrammi con cui il nome di questa forma viene scritta sono 高探马 e si leggono “Gāo tànmǎ”, e proprio dagli ideogrammi partiamo nella nostra analisi.

Prima di proseguire, ricordiamo che la maggior parte degli ideogrammi hanno diverse interpretazioni, alcune anche abbastanza diverse tra loro, pur riferendosi allo stesso carattere. Molto spesso quindi, quando troviamo insieme due o più caratteri, la scelta del significato va fatta anche in base al complesso risultante, in maniera da individuare una traduzione complessiva che sia coerente con il significato di ciascun ideogramma. Fatta questa doverosa premessa, possiamo dire che 高探马 si traducono letteralmente nel seguente modo: 高Gāo: alto, elevato, oltre la media; 探Tàn: esplorare, cercare, andare a tentoni, allungarsi in avanti; 马Mǎ: cavallo.

Notiamo subito che il semplice significato letterale dei vari ideogrammi non è facilissimo da comporre in una frase di senso compiuto, ma anche considerando la dinamica del gesto, possiamo affermare che il nome di questa forma può anche essere tradotto come “Allungare il cavallo in avanti ed in alto”. Mettendo per il momento da parte la curiosità di cosa possa significare la figura del cavallo, soffermiamoci sui primi due caratteri per approfondire la dinamica del gesto.

Benché – come detto – il significato complessivo non possa prescindere dalla influenza reciproca tra i vari caratteri, appare evidente che è il secondo carattere a identificare in maniera netta il movimento da eseguire. In particolare, la mano che muovendo da una spalla giunge all'altra mano scorrendo sul braccio può ricordare per analogia sia il gesto di cercare qualcosa a tentoni sia – in maniera ancora più evidente – allungarsi in avanti. Non trascuriamo però il gesto di “accarezzare”, che potremo trovare applicato nella applicazione di benessere.

Le applicazioni marziali

Come per tutte le 37 forme che compongono il curriculum di base del Tai Chi Chuan del Vecchio stile Fu (e non solo), ogni movimento racchiude sia i principi delle applicazioni marziali che di benessere. E nell'ambito marziale, ogni gesto ha spesso applicazioni sia di difesa che di attacco. 

Nel caso specifico, la mano che scorre sul braccio opposto può essere vista come un modo per liberare il braccio da un tentativo di presa per poi contrattaccare con una percussione portata alla gola dell'avversario con il taglio della mano, a cui può seguire un ulteriore attacco portato con un affondo dell'altra mano con le dita stese come la punta di una lancia (“Palmo penetrante”). 

Anche in questo caso, come per altre tecniche (come nel caso di “Respingere la scimmia”, “Accarezzare il ginocchio” o “Gru bianca apre le ali”) il movimento degli arti – soprattutto di quelli superiori – avviene in maniera complementare in maniera che una mano si avvicina al corpo mentre l'altra si allontana, percui notiamo che il braccio che all'inizio del movimento risulta disteso termina poi piegato e viceversa, il braccio che piegato poggia la mano sulla spalla opposta, termina poi il movimento giungendo alla distensione.

Questa è solo una delle possibili applicazioni, è facile infatti immaginare che il braccio piegato al termine del movimento possa anche fungere da protezione della zona del fianco in corrispondenza delle costole, così come il braccio disteso, oltre che portare un colpo con il taglio della mano, può agevolmente diventare una parata e una protezione del busto all'altezza dello sterno.

L'effetto sul benessere

Anche in questo caso uno stesso gesto può avere molteplici effetti; uno dei più evidenti affetti sul benessere di questa tecnica è la stimolazione dei meridiani energetici che corrono lungo il braccio, sia sul lato esterno (Polmone, Intestino Crasso, Intestino Tenue) che su quello esterno (Cuore, Maestro del Cuore, Triplice Riscaldatore) che può avvenite tanto eseguendo un contatto fisico della mano che scorre sul braccio opposto, sia visualizzando il percorso dei meridiani via via che la mano si sposta sul braccio stesso.

Altre azioni sul benessere si verificano per effetto indiretto, in funzione della posizione delle gambe e della distribuzione del peso sui piedi e per la stimolazione sulla zona delle spalle e della parte alta del dorso durante il movimento. E' bene notare che il movimento della mano che si avvicica al corpo non è originato esclusivamente dal braccio che si flette, ma è piuttosto un effetto del movimento della vita e del bacino, particolarità che comporta un effetto sulla mobilizzazione del Kua e contribuisce a mantenere “piena” la zona lombare ed in particolare i Reni.

Infine, cosa c'entra il cavallo?

Al termine della nostra analisi, riprendiamo la domanda iniziale: cosa c'entra il cavallo con questa forma? Per ipotizzare una risposta, cominciamo con il ricordare che queste discipline si sono da sempre ispirate ai fenomeni naturali ed alle attività quotidiane. A chi abbia occhi (non solo fisici...) per guardare, anche l'attività più semplice ed apparentemente banale può suggerire illuminanti spunti di riflessione ed a questa constatazione occorre aggiungere che – allora come oggi – per insegnare una nuova pratica ad un allievo può essere estremamente utile evidenziare similitudini ed analogie con gesti e movimenti già conosciuti. 

Così vista la dinamica di questa tecnica ed immaginando quanto diffuso fosse l'impiego del cavallo ed importante la sua cura, è facile immaginare che chi dovesse descrivere l'esecuzione di questa forma abbia evidenziato una analogia con il gesto di strigliare la groppa di un cavallo, una attività che faceva parte dei lavori comuni di chiunque utilizzasse questi animali.

A questa notazione pratica, ci piace aggiungere una ulteriore riflessione; abbiamo detto che nella filosofia orientale il Cavallo rappresenta simbolicamente la incapacità di incanalare la propria energia vitale, il non riuscire a mettere ordine nelle attività quotidiane, l'insufficiente controllo delle proprie pulsioni fisiche ed emotive, l'insofferenza alle regole ed alle leggi al pari di un cavallo selvaggio che non sopporta redini e cavezza. Questa attitudine ha sede nel Cuore (inteso come organo dove albergano le emozioni) e questa forma – con la sua azione complementare di spinta con una mano e trazione con l'altra, ci ricorda che per condurre un cavallo bisogna saper alternare sapientemente l'uso delle regini e del morso, degli speroni e del frustino.

Se lasciamo “briglia sciolta” al nostro cavallo, così come alle nostre emozioni, queste ci condurranno dove vorranno loro, senza che noi si possa decidere alcunché e quasi certamente – presto o tardi – ci renderemo conto che la nostra impulsività ci ha condotto in luoghi e situazioni diverse da quelle che avremmo scelto razionalmente.

Alla stessa maniera, tenere le redini troppo tirate bloccherà il nostro cavallo, lo terrà fermo sul posto, incapace di percorrere qualsiasi strada al pari di chi – per paura di soffrire – si vieti di vivere ogni emozione, come mirabilmente racconta la poesia dedicata da Edgar Lee Master a John Gray.
Ecco quindi che potremo notare che  come l'abile cavallerizzo riesce a muoversi in sintonia con il cavallo che monta sino a sembrare un novello Centauro proprio mantenendo il controllo dell'animale ma al tempo stesso non lasciando mai a questo la completa libertà di agire, così tutti noi possiamo affrontare gli accadimenti della nostra vita senza lasciarci travolgere dalle emozioni ma – allo stesso tempo – non soffocandole rendendoci aridi ed insensibili.